venerdì 16 marzo 2012

...e se domani, e sottolineo se...


...si andasse a votare per un nuovo Rettore, meglio, per un nuovo rettorato, come vorremmo che fosse il divenire della nostra Università?
Per cominciare, ci piacerebbe che il bilancio dell'ateneo, piuttosto che raccontato e magnificato, fosse pubblicato in chiaro, in esteso e senza omissis.
Vorremmo che i verbali integrali delle riunioni di Senato e Consiglio fossero resi pubblici nella loro interezza e senza alcuna censura o rielaborazione.
Vorremmo che le sedute degli Organi di Governo fossero riprese on line e trasmesse in streaming.
Vorremmo che il futuro dell'Università fosse progettato anche da chi, nel futuro, entra di diritto. E perciò vorremmo che almeno due prorettori e la metà dei delegati fossero Ricercatori Universitari nominati sulla base di consultazioni elettorali.
Vorremmo che il nuovo Rettore, fra discrezionalità e consultazione democratica, scegliesse quest'ultima come linea guida per il suo agire.
Vorremmo che in CRUI riportasse la voce autentica dell'Ateneo piuttosto che idesiderata propri e di una jurassica gerontocrazia in via di estinzione.
Vorremmo che il nuovo Rettore avesse una non-negoziabile linea di coerenza fra ciò che pensa, ciò che dice e ciò che fa.

Chi raccoglie la sfida?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E' uno strano destino, anche dall'altra parte dello Stretto, è successo che l'esperienza Falcomatà non ha avuto seguito, alla primavera è seguito l'inverno. Così nella vostra Università: che fine ha fatto la boccata di aria pulita portata dal prof Silvestri? Possibile che sia tutto finito? Come fate a rassegnarvi ad essere rappresentati da un imputato? A sopportare la vergogna di assistere alla scena di un rettore alla sbarra?

Vittorio Cavallari ha detto...

In un giorno ormai lontano, in pieno Consiglio di Facoltà, un docente invitò il Rettore, presente alla seduta, a dimettersi, non perché lo ritenesse colpevole, ma perché rimanendo impavido al suo posto avrebbe provocato, come poi è stato, un crollo della credibilità e del prestigio dell'Università che rappresentava e tuttora rappresenta. La presa di posizione, giudicata da molti suicida, fu seguita da una serie di pesanti e documentate rappresaglie, che culminarono nella chiusura di un reparto (giudicato un modello organizzativo vincente) e nel mancato riconoscimento economico per il ruolo in precedenza rivestito dall'ingenuo professore. Rimango ancora della stessa identica opinione, che un rettore inquisito incollato al suo scranno susciti, negli osservatori non messinesi, ilarità e disprezzo nei confronti dell'Ateneo tutto, ma mi chiedo: quanti avrebbero il coraggio di dirlo apertamente? Solo chi non ha niente da perdere (e questo dimezza il numero dei candidati), non ha scheletri nell'armadio (via un'altra metà), non ha figli da sistemare (via altri due terzi). In quanti siamo rimasti?

Mariella Foti ha detto...

caro Vittorio se hai seguito tutta la storia degli ultimi due anni del nostro ateneo saprai che i "rimasti", quelli che io chiamo donne e uomini di buona volontà, hanno già provato a contarsi e ci sono ancora sognatori che pensano che se ci fossero iniziative valide si radunerebbero per far sentire la loro voce di indignati. lo hanno (lo abbiamo) fatto in occasione delle proteste anti-leggeGelmini, delle elezioni democratiche dei rappresentanti dei ricercatori in seno alla commissione statuto (puntualmente ignorate dal nostro SA), del veloce tam tam per la firma al ricorso al MIUR, dimostrando di essere in tanti. Penso che se sono gli ignavi e i vigliacchi a vincere in questo momento è perchè non abbiamo una direzione e degli obiettivi concreti da proporre. Scrivere in un blog mi fa sentire meglio perchè mi sfogo un pò ma è davvero troppo poco....